(LE NAVI DI NEMI)Occorre distinguere nettamente i semplici recuperi subacquei, anche dimateriale prezioso o di opere d’arte, dagli scavi archeologici subacqueipropriamente detti. Questi ultimi, infatti, e non quelli, vengono eseguiti conprocedure rigorose e scientifiche, tendenti a ottenere dal sito non tanto icarichi ma la massima, più precisa e tangibile informazione archeologicapossibile. Furono pertanto dei semplici recuperi, spesso persino prezzolati, e nonaltro, le decantate imprese del famoso sub greco Scillia e di sua figliaHydna durante le guerre persiane (V sec.a.C.). Furono recuperi quelli degliurinatores romani o degli equivalenti marangoni, specie genovesi, dellenostre Repubbliche marinare. Anche il recupero, mediante campana diHalley, dei cannoni della nave da guerra svedese Vasa nel 1690, rientra in questa categoria. Una condotta sicuramente scientifica, relativamente aitempi, fu invece seguita nel ricupero di una nave del IV sec. d.C. operatonel 1863 nello Schleswig dall’archeologo danese C. Engelhardt,operazione tuttavia non subacquea, ma su torba palustre.Vanno ancoraannoverati in questa categoria i sensazionali recuperi subacquei di intericarichi di opere d’arte effettuati specialmente nei primi anni del secoloscorso, ma anche prima, a Mahdia, Anticitera, Capo Artemisio, Maratonae altri siti. La nascita dell’Archeologia Subacquea propriamente detta vieneabitualmente fatta risalire al febbraio del 1950 allorchè il nostro NinoLamboglia promosse e attuò lo scavo del famoso relitto di Albenga, nonancora con gli autorespiratori, da poco inventati, ma tramite i leggendaripalombari dell’Artiglio. Poco dopo, nel 1952, e questa volta con gliautorespiratori, fu avviato un altro scavo storico, quello del GrandCongloué, a Marsiglia, ad opera di Fernand Benoit e del comandanteCousteau con i suoi uomini rana. Come s’è detto, pertanto, si usa datareal 1950-1952 gli inizi dell’Archeologia Subacquea, Molti esperti, se nontutti, però, sanno bene che tale data dovrebbe essere anticipata al1929/1931, allorché il Presidente del Consiglio del Regno d’Italia BenitoMussolini, perentoriamente volle e ottenne lo specialissimo recupero, concontestuale studio archeologico polidisciplinare, delle due celebri navi diCaligola, sommerse nel lago di Nemi.Fig. 1 – Benito Mussolini tra le maestranze (cortesia del sacerdote don Franco Giuliani).Non staremo a riportare la note vicende di queste navi attraverso i secoli eneppure gli straordinari risultati scientifici dell’impresa, peraltromagistralmente descritti da Guido Ucelli nello splendido volume «Le navidi Nemi» dell’Istituto Poligrafico dello Stato, Roma, 1940. Ci pare tuttaviautile (e persino un dovere storico) riproporre la parte conclusiva deldiscorso tenuto da Mussolini il 9 aprile 1927 nella sede della RealeSocietà Romana di Storia Patria, discorso con cui diede un più cheentusiastico via alla stroordinaria impresa nemorense:«(…..) È questa unastoria ormai di cinque secoli, fatta tutta di tentativi il più spesso infruttuosio,quando hanno dato qualche risultato parziale, di tentativi disastrosi perl’integrità delle due storiche navi. I nomi di coloro che più operarono pertale recupero sono ormai noti, dopo le tante memorie scrittesull’argomento: Leon Battista Alberti, per primo, chiamato dal cardinaleProspero Colonna, e poi Francesco De Marchi, Annesio Fusconi, EliseoBorghi e altri ancora. Alcuni di essi, con sacrificio personale e quasi colrischio della vita, scesero nel fondo dei laghi con i loro primitivi scafandri,videro con i loro occhi e toccarono con le loro stesse mani, quellevenerande vestigia, ma purtroppo con le loro stesse mani, ne strapparonolembi e frammenti per riportarli alla luce. Oggi una soluzione s’imponeva.Anche qui, dopo il tanto che se ne è detto e che se ne è scritto, eraquestione insieme di scienza e di decoro nazionale: era un debito d’onoreverso la cultura classica e verso la dignità del nostro paese. Pietro Fedele,vostro insigne collega e mio prezioso collaboratore, ha nominato unacommissione di periti nel campo delle antichità classiche e dell’ingegneriaidraulica, la quale, sotto la guida perseverante e sapiente del senatoreCorrado Ricci, ha lavorato per qualche mese, studiando le vecchie carte ele antiche memorie, esaminando i progetti che da ogni parte pervenivano,vagliando le ragioni di ogni provvedimento con amore e con dottrina.Questa commissione ha oggi terminato i lavori con una relazione che saràdata alle stampe, nella quale sono formulate proposte precise e concrete:Svuotamento parziale del lago fino a ventidue metri di profondità permezzo di un nuovo cunicolo che immetta nel vicino lago di Albano; indaginiarcheologiche in situ, sulle navi poste all’asciutto e contemporaneaesplorazione profonda del lago, dove molti preziosi oggetti possonoessere caduti non solo dalle navi, ma anche dalle ville costiere attraverso ilrapido pendio; svuotamento e sollevamento degli scafi e loro trasporto esistemazione in apposito Museo nella parte pianeggiante della sponda. Leproposte di questa commissione io intendo che non restino lettera mortanegli archivi del ministero (…..)».(Opera Omnia di Benito Mussolini, La Fenice, Firenze 1957,vol.XXII, 341).Fig. 2 – L’impianto di elettropompe sulla riva del lago di Nemi (L’Archeologo Subacqueo 2000, 3, 7).Entusiasmo contagioso: si presentano immediatamente due gruppiindustriali disposti a realizzare gratuitamente il progetto e si riuniscono incomitato anche altri imprenditori e mecenati, pronti a sponsorizzarlo.Offrono aiuto società, ditte, maestranze, archeologi, studiosi. In quattromesi di febbrile e ininterrotto lavoro, viene trasformato l’antico emissarioromano del lago in un efficientissimo scolmatore. Un poderoso impianto dielettropompe idrovore è inaugurato da Mussolini in persona il 20 ottobre1928. Tutti i cantieri in funzione, in un clima di gioiosa collaborazione. Attiviil Genio Civile per Il Tevere e l’Agro Romano, l’Istituto di Archeologia eStoria dell’Arte, la Marina, l’Aeronautica, i ministeri dei Lavori Pubblici,dell’Educazione Nazionale e della Pubblica Istruzione, in un’atmosfera digrande emulazione. Fig. 3 – La prima nave emersa (da G. Ucelli).Dopo aver svuotato più di 11 metri, cominciò ad emergere la prima nave.Meraviglia generale. Dopo qualche tempo emerse anche la seconda,sempre fra il tripudio di tutti. Furono immediatamente effettuate analisimeticolose con l’aiuto di quanto la scienza potesse esigere ed offrire. Ognireperto fu studiato con metodo (prospezioni, rilievi, foto ecc.) e precisione:scafi, strutture,travi di carena, sistemi di assemblaggio, tubi, sistemiidraulici, sentine, arredi, guarnizioni, fregi, erme, protomi, mensole estrisce di materiali pregiati, marmi, mosaici, i più minuti reperti setacciati equant’altro. Notevoli gli elementi ancora ignoti di architettura navale e leattrezzature tecnologicamente avanzate come, ad esempio, le semplici mastraordinarie pompe a stantuffo e soprattutto le avveniristiche piattaformegirevoli su cuscinetti a sfera. Delle 2 ancore, una, del comune tipo a ceppofisso di piombo, conservava eccezionalmente tutto il legno del fusto e dellemarre ed era la prima volta che se ne recuperava una intera; l’altra, deltipo «Ammiragliato» (detta così perché il suo tipo fu adottato nel 1852appunto dall’Ammiragliato inglese), di ferro e legno, presentava un ceppomobile di ferro del peso di ben 1275 libbre romane (kg 417), quello stessotipo speciale di ceppo che ben 18 secoli dopo (1851-52) sarebbe statoinventato e brevettato (sic) dal cap. Rodger della Royal Navy.Fig. 4 – La famosa ancora in ferro a ceppo mobile (da G. Ucelli).Enorme risonanza sulla stampa italiana e mondiale, giornalisti efotografi ovunque, interminabili cortei di visitatori su sentieri rialzati dipalanche. Mussolini ancora presente e la Famiglia Reale e sovrani esteri,ministri, personalità del mondo accademico, culturale, dello spettacolo,archeologi e archeofili di tutto il mondo. Un successo enorme, sotto tutti ipunti di vista. Ancora oggi Enrico Felici scrive che «Nonostante operazionidi questo genere ben si iscrivessero nel più vasto programma dipropaganda, questa grande impresa non si può ridurre ad una semplicericerca di consenso che, pure, certamente ci fu. Essa va invececonsiderata come la più spettacolare, tecnicamente e – data la situazione– scientificamente ineccepibile operazione di recupero di scafi antichi maiattuata, che effettivamente diede all’Italia un primato sia in campo tecnicocome nella ricerca archeologica (L’Archeologo Subacqueo 2000,3,6).Sempre a questo proposito, si legge ancora in Archeo (dossier diArcheologia Subacquea di P.A. Gianfrotta et alii, 48) che, «con perentoriadeterminazione del governo dell’epoca, si ricorse a un procedimentosenza precedenti, dispendioso, ma di sicuro risultato e di grande effettosull’opinione pubblica, non solo italiana. (…..) Per la prima volta fupossibile analizzare scientificamente in ogni dettaglio delle intere navi, congli scafi conservati in ottimo stato ecc.» Pietro Janni afferma a chiarelettere che l’impresa delle navi di Nemi «segna il primo grande successodella moderna Archeologia Subacquea». (Il mare degli Antichi, Dedalo,1996,38). S. Gargiullo ed E. Okely scrivono che le due navi di Nemi sonostate molto importanti «soprattutto perché rappresentarono il primorecupero archeologico subacqueo in assoluto». (Atlante Archeologico deimari d’Italia, Ireco, 1993, vol. I, 133 9 ). Anche per F. Maniscalco, l’impresadi Nemi fu «il primo scavo scientifico» (Manuale di ArcheologiaSubacquea, Guida, 92,18). Anche secondo O. Curti «La più affascinantescoperta e forse l’opera più grande di archeologia navale fu il recuperodelle navi di Nemi» (Il grande libro dei modelli navali, Mursia, 1968, 13). E potremmo continuare, ma ci pare che quanto già scritto e segnalatosia sufficiente per sostenere che l’impresa di Nemi, fortemente voluta eottenuta dal Presidente del Consiglio dell’epoca, sia il primo scavosubacqueo del mondo, seppure sui generis, il primo recupero navale,globale, archeologico e scientifico, vent’anni prima che la scoperta el’immediata adozione universale dell’autorespiratore di Gagnan-Cousteaurivoluzionassero completamente e per sempre i sistemi dell’ArcheologiaSubacquea. Il 31 maggio 1944, mentre le navi si trovavano ricoverate nell’appositomuseo allestito sulla riva del lago, rimasero preda di un incendio doloso lecui cause sono tuttora ignote. Una barbarie o un’immensa stupidità: chealtro, se no? Fortunatamente il museo ha potuto ricostruire in scala ivascelli e recuperare qualche cimelio importante e, grazie anche airicostruttori di un’associazione locale (Dianae Lacus), potrà forse rivivereuna seconda vita. Vogliamo concludere con le belle parole di E. Felici: «La quantità deidati e informazioni offerte dalle due navi e magistralmente presentati daGuido Ucelli, è semplicemente impressionante. Le navi di Nemi sono stateun’occasione probabilmente irripetibile per il patrimonio culturaledell’umanità». (L’Archeologo Subacqueo cit., 14).Alessandro Papò